Franco Mezzanotte

Scrivere in occasione di una nuova mostra di Franco Venanti è contemporanea- mente una cosa esaltante e quasi impossibile. Esaltante perché ci si trova di fronte ad una nuova prova che Franco fa nei sui stessi confronti, la concretizzazione di una nuova ricerca, il tentativo di trasformare in immagine ed in realtà tangibile i senti- menti che il daimon che lo spinge suscitano in lui, ma senza il quale non potrebbe e saprebbe vivere; quasi impossibile perché su Franco Venanti è stato scritto da chi ben più e meglio di me può esprimere giudizi critici in una serie quasi infinita di saggi, articoli, note, commenti, giudizi.
E non sarò io a scrivere di questi argomenti.
Penso piuttosto all’amico con cui condivido conversazioni, talvolta accese fino al li- mite della discussione, su mille argomenti diversi, su quasi tutto lo scibile umano perché la curiosità, il desiderio di sapere, capire, conoscere di Franco non ha limiti, né confini: veramente a lui ben si adatta il ciceroniano homo sum, nihil umanum mihi alienum est!
E poi ritrovo l’oggetto delle nostre chiacchierate riportato sulla tela ed espresso in modo che le parole non riescono ad esprimere, ma l’immagine creata fa immediatamente capire. Questo credo che sia il dono più grande che ha ricevuto, il riuscire a tradurre in “figure” quello che sente, e fa sentire, nel cuore e nella mente. Quando si parla con Franco, sia che ci si trovi nel suo atelier, sia che ci si trovi a casa, nel suo studio, la quantità incredibile di “cose” che lo circonda, e che talvolta minaccia di soffocare il visitatore, è lo specchio di Franco, è la realtà che poi si ritrova nelle sue opere.
Un moltiplicarsi di volti, un ammassarsi di oggetti, un riempire ogni spazio in un apparente caos che risponde invece in pieno al ribollire delle idee e dei sentimenti, che ha una sua logica precisa e rigorosa, ma che può essere compresa a fondo, se mai questo è possibile, soltanto da chi conosce Franco e ha con lui consuetudine di dialogo e di confronto.
Nelle tele di questo artista sembra non esistere il tempo, quello della storia, perché tutto è contemporaneamente presente, dall’armatura medievale al fungo atomico, ma il tutto è sempre letto e visto con gli occhi di chi soffre o subisce. Ed essere dalla parte dei “non potenti” è un altro dei segni che lo caratterizza e che lo ha anche spinto ad un concreto impegno civile, portandolo alla conclusione che quello non era il mondo per lui, molto più adatto ad un mondo in cui la politica è il risultato di un forte impegno culturale che non il conquistare e mantenere “il potere”, cosa di cui l’animo, che definirei anarchico, di Franco non ha assolutamente bisogno.
E più volte le opere di Franco hanno sbeffeggiato “il Potere”. Ma c’è un campo nel quale Franco perde ogni difesa, diventa inerme e passa alla contemplazione: la bellezza femminile! Ecco quindi quelle figure trasfigurate o estremamente concrete oggetto dei suoi lavori, direi meglio: delle sua ricerca, nel tentativo, che qualche volta gli ho detto vano, di riuscire a capire, a penetrare il mistero di questa bellezza che si presenta con mille diverse sfaccettature tutte destinate ad affascinarci e a sfuggirci nel momento in cui, finalmente, crediamo di essere riusciti a capire.
Questa mostra ci offre l’occasione di vedere il risultato delle ultime ricerche, di un modo nuovo ed antico di leggere la realtà. Ma quale realtà: quella che noi profani vediamo, troppo spesso senza guardare, o quella che Franco vede, dopo averla penetrata nella sua essenza?
Quella di Franco è una contemplazione attiva, mi si perdoni l’ossimoro, nel tentativo di spiegare almeno il mondo se non si riesce a correggerlo, è quindi frutto di un forte impegno morale, che vuol suggerire le vie per un ritorno ad una armonia che purtroppo sente, e non solo lui, perduta.
E da oggi nasceranno nuovi stimoli, nuove ricerche, nuove opere: tempora buona veniunt!

Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì