Luciano Lepri

Se non ci fosse il rigoroso cadenzare delle date e l’inesorabile verità del tempo, che non fa sconti e non indulge a sentimentalismi, non sembrerebbe possibile che Franco Venanti sia giunto a celebrare il suo 60° anno di “connubio” con la pittura, tanta e tale è la potenza vitale, l’energia, lo smalto, la voglia di vivere, di conoscere e di sperimentare che egli ha e così fresca, bella, originale, creativa, ispirata e, perché no, geniale è la sua pittura che non sembrano passati tutti questi anni, anni nei quali, anche come scrittore e organizzatore culturale, ha avuto, pressoché costante ed unanime, il favore della critica e, quello che per lui più conta, del pubblico.

Sono stati 60 anni di, veramente, continua ricerca, studio, analisi ed esperimenti su tecniche, materiali, strumenti creativi, soggetti, forme, dinamiche; sono stati anni di attenta osservazione, annotazione ed elaborazione di tematiche, personaggi, avvenimenti, situazioni, problematiche artistiche, umane e sociali; sono stati anni in cui – probabilmente inevitabilmente ma, mi viene da dire, in Franco Venanti con maggiore e più determinata pregnanza – le esperienze dell’uomo, della vita, dei rapporti con la società e con le persone, si sono fatti humus per quella che è la sua poetica, per quello che è il suo mondo artistico, per quella che è la sua volontà espressiva e comunicativa.

Eh si, perché se c’è una costante nell’attività artistica di Franco Venanti, essa è data dalla quasi ossessiva voglia di comunicare, di trasmettere e di partecipare dei suoi sentimenti, della sua filosofia di vita, della sua instancabile creatività, della sua propensione a ironizzare, prima su di sé, poi sulla società; di sbeffeggiare e di beffeggiarsi di qualsiasi forma di potere teso alla prevaricazione, al sopruso, alla sottomissione dell’uomo; di dichiarare la piena e totale libertà del suo animo, del suo animo, del suo sentire, del suo fare arte e cultura; di far cogliere la sua essenza di uomo sempre alla continua ricerca di sé, mai soddisfatto della propria condizione esistenziale, compenetrata e avvinta da una sorta di ansia del trascendente, del soprasensibile, dello spirituale, del metafisico, ma sempre così carica di umanità, di fraternità ed, in fondo, di comprensione.

Franco Venanti è stato, ed è tuttora, un grande, attento e sensibile osservatore: di cose, fatti, uomini, avvenimenti, situazioni che poi ha trasposto, trasportato, idealizzato e schematizzato nei suoi lavori, ma per farlo ha dovuto cercare la chiave in una dimensione temporale, non commensurabile a schemi, equazioni o teoremi, ma sedimentata nella propria memoria contingente, iconografica, semantica.

Tutto ciò ha fatto sì che nel corso degli anni il percorso di ricerca dell’artista si è ampliato, sviluppato, ingigantito permettendo di mettere in luce la peculia- rità di un linguaggio espressivo che si segnala per assoluta originalità, dato di fatto, questo, che in un panorama nazionale appiattito su stanche e, più o meno fatte alla buona, rivisitazioni di modelli già noti o banalmente elaborati, se non razionalmente presentati in tutta la loro inqualificabile bruttezza, induce a col- locare Franco Venanti in una posizione di assoluto primo piano, come paiono confermare anche le sue ultime straordinarie opere – assolutamente splendide per suggestione, potenza espressiva ed interiorizzazione dei personaggi, i lavori in bianco e nero, così come fascinosi, inquietanti e cariche di domande inevase sono le sculture di gesso, ultimo momento artistico del Nostro eclettico artista – nelle quali egli perlustra e propone una figurazione del tutto nuova, ribadendo una splendida verità, ovverosia che nessuna e qualsivoglia nuova tecnologia, per quanto avveniristica e sofisticata, potrà mai soppiantare l’insuperabile binomio cervello-mano che contraddistingue il fare dell’arte pittorica e plastica e che con- duce, attraverso gli incantati sentieri della poesia, ad insuperabili esiti sul piano della comunicazione visiva.

Tutti sappiamo che, in sé, la materia è cosa inerte che non trasmette emozioni e/o sentimenti, ma quando essa si trova ad essere vista, letta ed elaborata dal pen- siero, prima, e dalle mani, poi, di un autentico artista quale è Franco Venanti, ecco che, allora, diviene allusione/illusione figurale la quale, suggerendo e sollecitando, improvvise, quanto dinamiche, apparizioni diviene emozione nostra, capace così di saldarsi al vertice di un percorso creativo che sotto l’epidermide delle superfici cromatiche apre vertiginose, quanto insondabili, prospettive che ci conducono verso i punti più alti del pensiero, della ragione e dell’arte.

Insomma che dipinga, incida, modelli o scriva, Franco Venanti resta fedele, appunto da 60 anni, ad un linguaggio tutto suo, che la critica ha cercato di defini- re avanzando varie proposte che, però, non centrano appieno l’obiettivo, perché Venanti, seppure è impregnato di cultura umanistica ed è attento ai grandi maestri del nostro passato e, probabilmente, si è giovato del loro insegnamento (quanto meno sul piano delle varie tecniche), certamente li ha superati per creare il suo personalissimo modello espressivo. Il linguaggio, quindi, di Venanti è riconoscibile al primo sguardo, i suoi quadri, le sue stampe, ed oggi le sue sculture, presentano caratteri che non consentono equivoci, mistificazioni o sostituzioni, al punto da rendere quasi superflua la firma; è insomma un linguaggio frutto di un abito mentale proprio e personale, da giu- stificarlo e determinarlo. In buona sostanza Franco Venanti dipinge in quel suo certo modo perché pensa, sente, ragiona e si emoziona in quel modo.

Il suo linguaggio figurale appartiene, dunque, più all’animo che all’occhio, più all’allusività o alla metafora che al racconto. Non è tanto la rappresentazione riconoscibile di figure e forme reali ad interessarlo, quanto piuttosto la specificazione, attraverso l’autonoma seduzione del dipingere, delle sempre nuove e diverse possibilità che la sua costante ricerca su tecniche, materiali e colori, crea, determina e suggerisce.
Un rapporto, questo, che pur nelle deformazioni, nei trasalimenti, nelle trasformazioni cui dà luogo e a cui è, anche, soggetto; nel gioco della luce scomposta, ricomposta, velata o manifesta; nella vibrazione dei colori ora intensa, ora soffusa, ora accennata, ora violenta e cangiante, definisce luoghi di memorie privilegiate, allusioni forti e costanti, personaggi dalle psicologie intense, valutazioni ora inquiete, ora allarmate, ora sdegnate, il tutto in una sorta di simbiosi sinergica, che è di Venanti ed insieme, in fondo, di tutti noi e del nostro tempo: che è, insomma, di questi 60 anni di pittura, di poesia, di bellezza, di comunicazione, di arte intensa, colta, significativa, originale e carica di umanità.

Perugia ottobre 2008

 

Estratto da
60 ANNI IN MOSTRA 1
Franco Venanti & 46 maestri dell’arte contemporanea umbro-toscani
A cura di: Eugenio Giannì